La questione relativa alla responsabilità derivante dall’acquisto di crediti in materia di bonus fiscali sta destando non poche preoccupazioni e richiede, pertanto, alcune delucidazioni.
Innanzitutto, è bene ricordare che la normativa di riferimento è rappresentata dal D.L. 34/2020, ove sono rinvenibili le uniche due ipotesi di responsabilità dei cessionari.
Più precisamente, a norma dell’art. 121, comma 4, “I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto.”
In aggiunta a tale responsabilità, il comma 6 dispone che i cessionari rispondono in caso di “concorso nella violazione”. In altre parole, essi possono essere ritenuti responsabili in solido con il committente (il beneficiario della detrazione fiscale che ha esercitato l’opzione) per il pagamento dell’importo corrispondente alla detrazione d’imposta non spettante, maggiorato degli interessi ed accompagnato da una sanzione pari al 30%, solo in caso di concorso nella violazione.
Con riguardo a questa seconda ipotesi, il Ministero delle Finanze (circolare n. 180/E 1998) ha precisato che per la configurazione del concorso nella violazione di disposizioni fiscali è richiesta la contemporanea sussistenza di quattro elementi, ossia: a) una pluralità di soggetti agenti; b) la realizzazione di una fattispecie illecita; c) il contributo di ciascun concorrente alla realizzazione dell’illecito; e d) l’elemento soggettivo.
Mentre i primi due elementi non necessitano di particolari spiegazioni, è utile soffermarsi sul requisito sub c). Per quanto riguarda l’apporto causale del concorrente, infatti, in linea di principio questo può esplicarsi sia a livello materiale sia a livello psicologico. Nel primo caso, il contributo ricorre quando la condotta dell’agente facilita, agevolandola o rafforzandola, la condotta degli altri concorrenti; in altri termini, non è necessario che il contributo sia condizionante, cioè sia tale che in sua assenza l’illecito tributario non si sarebbe compiuto, ma occorre che abbia in concreto permesso la sua realizzazione anche se l’illecito tributario avrebbe potuto essere realizzato in altro modo. Il contributo può essere fornito anche sotto forma di partecipazione psichica (cd. concorso morale), facendo sorgere in altri un proposito criminoso prima inesistente oppure rafforzando quello già maturato: le condotte possono essere varie (suggerimenti, consigli, ecc.) ma per assumere rilievo devono aver quantomeno agevolato, mediante un’effettiva influenza sull’atteggiamento psichico dell’autore materiale, la realizzazione del reato (o illecito tributario). A tal proposito, l’Amministrazione finanziaria chiarisce che esso potrà configurarsi con maggiore frequenza nella forma della partecipazione psichica che in quella dell’apporto materiale, essendo quest’ultima ipotizzabile in casi numericamente residuali (quali, ad esempio, l’emissione di documentazione fiscale irregolare per consentire la formazione di una dichiarazione infedele).
Infine, per quanto concerne l’elemento soggettivo, la condotta del concorrente deve essere posta in essere con dolo o colpa in base al principio generale di colpevolezza sancito dall’art. 5 D.Lgs. 472/1997.
Con la circolare n. 30/E del 2020, l’Agenzia delle Entrate è tornata sul punto e ha chiarito che “se un soggetto acquisisce un credito d’imposta, ma durante i controlli dell’ENEA o dell’Agenzia delle entrate viene rilevato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, il cessionario che ha acquistato il credito in “buona fede” non perde il diritto ad utilizzare il credito d’imposta”. Questa precisazione è essenziale in quanto permette di relegare i casi di concorso nella violazione alle sole ipotesi in cui i cessionari abbiano agito in “mala fede”. Quest’ultima sarà con ogni probabilità esclusa quando chi ha acquistato il credito abbia effettuato tutte le verifiche necessarie ad intercettare anomalie tali da ingenerare sospetti circa la fondatezza e la veridicità degli elementi costitutivi del credito. Ciononostante, è importante sottolineare che quando la violazione riguarda profili prettamente tecnici (come, ad esempio, la veridicità delle asseverazioni effettuate dai vari professionisti) il cessionario non sarà chiamato a rispondere in solido per aver agito in mala fede, non rientrando la valutazione di tali elementi fra le sue competenze.